AUTOPRESENTAZIONE
Dialoghi tra due solitudini,
le disfunzioni della società contemporanea
Un Centro di Salute Mentale e due personaggi: uno in condizione di “pazzo per attribuzione”, trascorre la propria vita a interrogare le stelle, discorde con il tempo presente; l’altra, donna perfettamente integrata, ossessionata dalla carriera, ma che avverte un’insania incipiente. Mimmino e Sofia si incontrano in una terra di frontiera, il Centro Diurno di Salute Mentale “il Castello”, in cui il confine tra coloro che stanno dentro e coloro che stanno fuori sfuma in un indistinto resistere tra protocolli da rispettare e vite da normalizzare. Cattedrale ultima dell’identità alienata e interrotta dell’uomo contemporaneo, il “Castello” rimbomba dei dialoghi di due solitudini, nella logica d’un mondo che continua a categorizzare e che quindi esclude. Una scultura quale metafora della società solo protetta da un pannello come fosse una maschera che non com-prende (mette insieme) le parti che tutte le appartengono. «La follia è una condizione umana, in noi la follia esiste ed è presente come la ragione» (Basaglia).
Il confine, la soglia, il limite sono sempre stati l’oggetto indiretto ma privilegiato della nostra ricerca teatrale riconoscendo, in questa invisibile linea di demarcazione, gli estremi per la migliore analisi della funzione della vita che sfocia nel teatro e viceversa. Nel testo v’è la dichiarata “messinscena” d’un dramma tutto sociale, di chi non accetta una parte di sé, mascherando ogni sofferenza dietro un ruolo, forzando di mettere via una parte di sé che inevitabilmente e con violenza preme, venendo fuori con impeto inaspettato.
L’elaborazione drammaturgica dell’opera è partita da confronti e scambi avuti con gli “utenti” dei Centri Diurni, dialoghi che hanno consentito di raccogliere quadri di vita vissuta. L’esperienza della cura del male mentale s’è trasformata in pretesto per raccontare la società e le sue disfunzioni, approdando a una follia tutta contemporanea, lì dove è folle la struttura non coloro che la abitano. Differentemente dagli altri nostri testi, partendo da personaggi e storie molto lontane da noi, abbiamo tentato di restituire con responsabilità una tematica che tutti ci coinvolge, anche e soprattutto tenendo in considerazione il fallimento del sistema sociale, organizzativo e legislativo italiano che ha dimostrato di non essere stato in grado di far fronte a un’impresa straordinaria e rivoluzionaria quale quella seguita alla Legge 180 legata all’abolizione dei manicomi.
È un testo che prova a lavorare sull’accettazione del conflitto personale e collettivo: la scienza psichiatrica è scienza assai complessa che non muove dal particolare ma che coinvolge il generale, la materia delle relazioni che vanno sempre più sfumando in un’età che ci vede tutti tremendamente connessi con il mondo, per quanto altrettanto atrocemente soli. Noi, stranieri tra stranieri, alziamo muri e costruiamo barriere per stare al riparo da ogni coinvolgimento. Il testo si propone di ribaltare o, meglio, interscambiare le categorie riconoscendone una terza, che “bizzarra” fuoriesce da ogni convenzione e tutti ci riguarda. «I cosiddetti problemi rappresentati dalle malattie mentali sono problemi umani e non medici, si tratta di problemi economici, morali, sociali e politici. In altre parole le malattie mentali sono malattie metaforiche» (Crimini di Pace, Ongaro-Basaglia).
Cristiana Minasi e Giuseppe Carullo
La Locandina
DELIRIO BIZZARRO, di e con Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi. Scene e costumi di Cinzia Muscolino. Luci di Roberto Bonaventura. Prod. Carullo-Minasi e La Corte Ospitale, Rubiera (Re). Progetto vincitore Forever Young 2015/2016.
Lo spettacolo ha debuttato il 22 e 23 ottobre 2016 per il Festival Vie, presso l’Arena del Sole di Bologna.
CRISTIANA MINASI attrice, regista, drammaturga e pedagoga di scena. Allieva de “L’isola della Pedagogia” 2010/2014, scuola internazionale di Alta pedagogia della scena, diretta da Anatolij Vasiliev – progetto vincitore Premio Speciale Ubu 2012 e GIUSEPPE CARULLO attore, regista e drammaturgo, fondano, nel 2009, la Compagnia Carullo-Minasi. Insieme lavorano sui temi della libertà e della dignità con molteplici progetti che coinvolgono scuole, università e carceri. I loro spettacoli ottengono ottimo riscontro di pubblico e critica: Due passi sono (vincitore del Premio Scenario per Ustica 2011, Premio In Box 2012, Premio Internazionale Teresa Pomodoro 2013), T/Empio, critica della ragion giusta (vincitore Teatri del Sacro 2013 e finalista al Bando Ne(x)twork 2013), Conferenza tragicheffimera – sui concetti ingannevoli dell’arte (vincitore del Premio di produzione E45 Napoli Fringe Festival 2013). I tre spettacoli compongono la Trilogia dedicata al tema del Limite, cifra stilistica della Compagnia, inteso quale risorsa drammaturgico-creativa per la definizione di qualsivoglia atto artistico, nella sua natura prima di atto politico-democratico. L’intera Trilogia diviene anche progetto di teatro itinerante, pensato per tre luoghi diversi di fruizione: Teatro/Tribunale/Manicomio, con l’idea di raggiungere i luoghi della socialità, per de-costruire il concetto di teatro nella logica di una ri-contestualizzazione dell’arte nel mondo, che sani fratture e limiti funzionali delle istituzioni, definendo le linee di un’opera teatrale urbana. Seguono De revolutionibus – sulla miseria del genere umano (2015) con i testi originali di Giacomo Leopardi (nello specifico le due Operette Morali: Il Copernico e Galantuomo e Mondo) vincitore dei Teatri del Sacro 2015, oltre che segnalato In Box 2016 e 2017 e Delirio bizzarro (2016), Vincitore del Premio di produzione e circuitazione “Forever Young 2015/2016” e del Premio Anct 2017 (Associazione Nazionale Critici di Teatro).