Personaggi
Personaggi: Anna, quarantenne Mario, quarantenne L’ospite, commissario di polizia
Autopresentazione
Claustrofobici microcosmi di coppia per genitori adottivi senza vocazione Ho scritto questo testo nel 2007. Affronta il tema, attuale e complesso dell’adozione o delle false vocazioni, dei sogni e delle illusioni che una volta svelatisi mostrano la faccia della sconfitta e del disinganno. Una coppia sogna di adottare un figlio. Quando scopriamo in scena i due protagonisti, il lungo calvario di attese e delusioni sembra essere definitivamente concluso. L’arrivo del figlio è in realtà l’inizio di un percorso di difficoltà devastanti che fin dall’inizio del secondo quadro si rivelano insuperabili. Mario e Anna scoprono in rapida successione quanto sia “impossibile” amare l’oggetto dei loro sogni. Le difficoltà non stanno nella personalità pur complessa del ragazzo, ma nella natura stessa dei due protagonisti, nell’essenza di quell’universo a due, grigio ma autosufficiente e appagante che contraddistingue la loro unione. È un testo crudele, che indaga il dolore senza mezzi termini. Non c’è giudizio morale, ma un senso di sincera e umana comprensione per i due sfortunati protagonisti, vittime di loro stessi ma allo stesso tempo disposti, in tempi e modi diversi a non concedersi sconti. Se appaiono banali all’interno del cerchio che i sogni e le loro semplici esistenze hanno disegnato intorno a loro, rappresentato sulla scena dai binari del trenino che delimita il loro spazio, diventano poi tragici eroi che coraggiosamente affrontano il proprio disinganno, urlando in faccia a se stessi e al pubblico il proprio dolore. Non c’è soluzione che possa conciliare la loro falsa vocazione di genitori con l’amara consapevolezza di aver sbagliato. La loro tragica sconfitta riflette i miei e i nostri piccoli fallimenti quotidiani. Il “non amore” dei due protagonisti di Un mondo perfetto, svelandosi come un morbo improvviso, ci ferisce e allo stesso tempo ci richiama a quella parte di noi, tanto oscura e imprevedibile perché al di fuori dal nostro diretto controllo, quanto sorprendente e devastante, con cui tutti siamo costretti a fare i conti.
Scheda autore
SERGIO PIERATTINI Nato a Sondrio nel 1958, si è diplomato nel 1982 all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” di Roma. Da anni affianca l’attività di attore a quella di autore teatrale e sceneggiatore radiofonico. Dal 2005 insegna Sceneggiatura per la radio presso il Centro Sperimentale di Cinematografia- Scuola Nazionale di Cinema. Per il teatro ha scritto: Un mondo perfetto (Premio Riccione-Premio speciale della giuria, 2007), Il ritorno (2006-7, con Veronica Cruciani, Milvia Marigliano, Gigio Alberti, regia di Veronica Cruciani, Premio dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro come miglior testo della stagione 2007-2008), La ferita (2007, con Giulia Weber, regia di Dominick Tambasco), La madre (2006, con Valeria Valeri, regia di Giuseppe Venetucci), Il raggio bianco (Premio Flaiano 2006), Notte d’aprile (2006, con Maria Paiato, regia di Sergio Pierattini), Il caso k. (finalista Premio Enrico Maria Salerno 2006), Il cappotto di N. Gogol’ (2005, con Maria Paiato, regia di Marco Mattolini), La Maria Zanella (2002-2003, con Maria Paiato, regia di Maurizio Panici), Quando ci siamo ritrovati (finalista al Premio Riccione 2004), Il custode dell’acqua (2005, adattamento teatrale dell’omonimo romanzo di Franco Scaglia, con Maurizio Donadoni, regia di Maurizio Panici), Silvano (con Daniel Assens, regia di Alessandro Marinuzzi), Babbo secondo te quella lassù è una nuvola o un incendio? (con Sergio Pierattini, regia di Roberto Toni), Il gregario (regia di David Houghton, con Sergio Pierattini e Giancarlo Ratti). Per la radio è stato dal 2001 al 2003 autore di Teatrogiornale su Radio3 Rai. Nel 2003 ha scritto e diretto il radiodramma L’oro di Duccio, trasmesso da Radio3 Rai. Per lo stesso canale Rai ha scritto e diretto gli sceneggiati D-Day (2004), sulle vicende dello sbarco in Normandia, Da Trafalgar ad Austerlitz (2005) e il radiodramma Una doppia verità (2006), su Imre Nagy e la rivoluzione ungherese del 1956.