Personaggi
Il guaritore
Il fratello
La donna
La moglie
Il marito
Autopresentazione
Per guarire le persone bisogna aggiustare le loro storie
Insieme a Michele Sinisi, con il quale ho fondato Teatro Minimo qualche anno fa, eravamo incuriositi dalla storia di un certo Cataldo, contadino guaritore di Corato, un paese vicino a dove abito. Questo signore, cantando canzoni di Celentano, sul tavolo della sua cucina, esercita il talento che madre natura gli ha dato: guarire la gente usando le mani. Dopo lunghe chiacchierate ho capito che se di guaritore volevo scrivere, non dovevo farlo pensando a qualcuno a metà tra il santone e l’impostore (non è il caso di Cataldo che per le sue guarigioni non ha mai chiesto soldi a nessuno), ma dovevo provare un approccio diverso.
Cosa doveva guarire, questo mio Guaritore? Dalla domanda alla risposta il passo è stato breve. Deve guarire le storie; per dirla meglio, deve guarire le singole storie delle persone, partendo dal presupposto che per guarire una storia bisogna metterla in relazione con un’altra. La relazione, l’idea di mettere al centro una generosità a cui trovo sempre meno disposta la gente, come se condividere qualcosa sia diventato perderne il senso. Il Guaritore fa questo: mette le storie in relazione, per fare in modo che guariscano. Cataldo mi è rimasto caro quando ho dovuto scegliere la lingua di questo personaggio. Una lingua sporca, come il colletto della sua camicia. Intorno a questa figura sono nate le altre che oggi popolano il testo. Il Fratello, personaggio nato in contrasto ideologico con quello del Guaritore, e i casi su cui deve lavorare: la Donna incinta, la Moglie e il Marito.
Con il Guaritore ho provato a rimettere al centro un discorso semplice, che prova a scarnificare le storie per coglierne il senso esatto, profondo, per smettere di fermarsi, come propone il Fratello, alla superficie, per scendere sempre più in profondità, accompagnati dalla leggerezza di un pensiero semplice, e di qualche bicchiere di grappa. Dalla prima stesura, fino a quella che è andata in scena, è passato del tempo e sono successe molte cose, che hanno inevitabilmente modificato il finale di questo testo e il sapore che ho voluto lasciare alla fine: siamo davvero in mezzo a tempi in cui sembrano non esserci Nazareni, in cui la cura non è altro che un fatto personale, che esclude la comunità e anzi la fa vivere a ciascuno come un male necessario. Il Guaritore, prendendosi addosso interamente il peso di ogni sua responsabilità, tutto sommato vuole essere la testimonianza di come non si esce dal silenzio gridando da soli. Michele Santeramo
Michele Santeramo nasce il 22 agosto 1974. Attore, nel 2001 fonda con Michele Sinisi la Compagnia Teatro Minimo, con sede ad Andria e conduce un’intensa attività come autore. Scrive Nobili e Porci libri, Konfine (Selezione Enzimi 2003), Accadueò (Premio Voci dell’Anima 2004), Murgia (spettacolo Generazione Scenario 2003), Vico Angelo Custode, Sacco e Vanzetti, loro malgrado, pubblicato per Editoria & Spettacolo, e ancora Le scarpe e Cirano. Nel 2007 scrive Il Sogno degli artigiani; è autore dello spettacolo Fanculopensiero stanza 510. Scrive Sequestro all’italiana e arriva finalista al Premio Riccione per il Teatro 2009, che vince, nel 2011, con Il Guaritore. Altri suoi testi: Le Scarpe, in scena con Teatro Minimo, in coproduzione con Fondazione Pontedera Teatro (2010), La rivincita (2012) e, sempre nel 2012, Il Giorno del Signore.