L’azione si svolge completamente e consecutivamente nell’abitazione del pubblico ministero Filippo Cleoni. In scena, c’è solo una parete praticabile, con aperture a più livelli, che chiameremo la Maschera. Tutte le uscite ed entrate degli attori avverranno al di sopra o attraverso la Maschera, senza uso delle quinte.
Personaggi
FILIPPO CLEONI, pubblico ministero sospeso dal suo incarico. 35-40 anni. BARNABA BELLONI DA BUCCINASCO, manager-imprenditore e cognato di Filippo. 40 anni circa. FEDERICA CLEONI, insegnante di filosofia. Sorella di Filippo e moglie di Barnaba. 40 anni circa. ISABELLA CANGA, psicologa d’avanguardia. 30 anni circa. SAVERIO SPACCIA, pubblicitario “creativo” al servizio di Barnaba. 40 anni circa. MARIA MARIANI, addetta alla new portinery. 30 anni circa. DOGEK, all’anagrafe Piotr Dogowicz. Attore di ricerca polacco che ha trovato impiego come animale domestico. Oltre 40 anni.
Autopresentazione
Da Aristofane a Tangentopoli: la legge non è uguale per tutti di Renato Gabrielli Ho cominciato a pensare a Giudici circa cinque anni fa. Avevo in mente di scrivere una commedia non tanto su Tangentopoli, ma sulla percezione di Tangentopoli nella società italiana, e in particolare nel Vasto Ceto Medio, di cui faccio parte. La ricerca del soggetto non è stata facile. Non mi interessava fare satira politica, portando in teatro parodìe di personaggi pubblici che già si parodiano da sé in televisione; e ancor meno volevo simulare una vicenda realistica di gente comune coinvolta in storie di tangenti. Molto a proposito, allora, mi è capitato di rileggere una commedia di Aristofane, Vespe. In estrema sintesi, Vespe narra di un giudice popolare ateniese, Filocleone, chiuso in casa dal figlio Bdelicleone, che vorrebbe guarirlo dalla smania ossessiva di processare. Ma il vecchio non trova pace – e Bdelicleone è costretto, per dargli sfogo, a inventarsi un tribunale domestico, in cui il cane di casa verrà giudicato per furto di formaggio. Di Vespe mi ha affascinato la capacità di comprimere il politico in una dimensione casalinga, grazie a uno scarto di fantasia allucinata, oltre al fatto che pone al suo centro una famiglia, la follia di una famiglia. Vespe è un capolavoro: per qualche mese ho accarezzato l’idea di realizzarne un adattamento. Ma la sua eccessiva distanza dall’Italia di oggi mi ha convinto a tentare la strada di un testo originale, recuperando solo gli spunti del giudice in gabbia e del processo al cane. In Giudici, un pubblico ministero che si ostina a indagare sugli oscuri affari di una grande azienda, di cui è titolare suo cognato, viene prima rimosso dal suo ufficio con motivazioni pretestuose, poi rinchiuso in casa dai parenti. Giudici è la storia della sua guarigione da una malattia socialmente intollerabile: il desiderio di “far rispettare la legge, anche ai ricchi”. Nello spazio scenico ideato da Luigi Mattiazzi, la casa del magistrato diventa un’incombente parete praticabile, una Maschera astratta tra le cui aperture o false uscite i personaggi si contorcono senza via di scampo. E i personaggi stessi non sono altro che maschere, tipi contemporanei fissati ciascuno nella smorfia della propria ossessione. Giudici, prodotto dal Centro Teatrale Bresciano nella stagione 2001/02, è dunque uno spettacolo comico, ma soprattutto la storia di sette solitudini rese insopportabili dalla reciproca compagnia. Non è un intervento sul “problema della giustizia”, ma vuol essere lo specchio, deformante e fantastico, di una società nella quale si va perdendo la capacità di “essere giudici di se stessi”.
Scheda autore
Nato a Milano nel 1966, Renato Gabrielli si diploma attore nel 1988 presso la Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi”. Nel 1989, con la regia di Mauricio Paroni de Castro, va in scena, prodotto dal Crt di Milano, il suo testo Lettere alla fidanzata. Sempre con la regia di Paroni de Castro e la produzione del Crt, seguono le commedie Oltremare (1990), Oplà, siamo vivi! (1993) e Moro e il suo boia (1994), pubblicata dalla casa editrice Vita e Pensiero. Nel 1993 vince il premio “Pier Vittorio Tondelli” con il progetto drammaturgico Esperimenti criminali. Nel 1996 ottiene una segnalazione al premio “Selezione Idi – Autori Nuovi” con la commedia Amore eterno e realizza, come regista e drammaturgo, lo spettacolo Zitto, Menocchio!, che trova ospitalità al Mittelfest di Cividale del Friuli. Dal 1997 al 2001 è drammaturgo del Centro Teatrale Bresciano. Per il Ctb scrive e dirige le commedie Una donna romantica (1998), Curriculum Vitae (1999) e Giudici (2002). A partire dal 2000, tiene laboratori di scrittura per la scena presso il Dams dell’Università Cattolica di Brescia. Nel 2001 scrive la sceneggiatura di due episodi della serie tv La città infinita, regia di Gilberto Squizzato (Rai3). Scrive e mette in scena, nell’ambito della “Maratona di Milano”, il monologo Qualcosa trilla. Per la Biblioteca Sormani di Milano progetta, con Teatro Alkaest, il ciclo di letture sceniche “Fantastico ‘900”, cui partecipa anche come attore. Nel 2002 pubblica suoi racconti sulla rivista Nuova Prosa e nell’antologia La lente chiara la lente scura (edizioni Empirìa); collabora al progetto “Manuale per fondare una città” presso l’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano; presenta al Piccolo Teatro Studio, nell’ambito del festival Outis/Tramedautore, una mise en espace dell’”atto unico con interruzioni pubblicitarie” All’asta.