Personaggi
Autopresentazione
PER SMASCHERARE LE FINZIONI DELLA VITA
Scrivere la presentazione di un proprio testo è per qualsiasi autore un rischio e un limite. Un rischio perchè, spesso e volentieri, si finisce per raccontare il dramma che si sarebbe voluto scrivere e che, invece, non si è scritto. Un limite perchè una pièce teatrale deve essere in grado di esprimersi da sola, con i personaggi, con le situazioni, con le battute. Se è un buon testo, in altre parole, non ha bisogno nè di chiose nè di spiegazioni. Ma se l’obiettivo di un’autopresentazione è quello di incuriosire il lettore, allora essa diventa utile e addirittura necessaria. La finzione della vita è un titolo ispirato a Borges più che a Pirandello per un dramma tutto centrato sul rapporto di contraddizione fra ciò che si finge (o si crede) di essere e ciò che si è realmente, fra ciò che si proclama e ciò che si fa nella vita di tutti i giorni. In questo senso è un testo che smaschera le finzioni dell’esistenza, non per un pessimismo aprioristico ma per una lucida consapevolezza. Il mondo che rappresenta è quello della TV più degradata, quella dei quiz televisivi, delle presentatrici e attricette in cerca di successo, costi quel che costi, dei registi cialtroni, dei programmisti che lavorano solo in funzione dell’audience. Ma il testo ha nelle intenzioni dell’autore un ambito più vasto: è il dramma di un uomo che, pur vivendo in questo mondo, ha sempre continuato a credere in certi valori e in certi ideali e che ha avuto, spesso, il coraggio delle scelte scomode. Ma un uomo che, nello stesso tempo, non è riuscito a liberarsi, anche nella vita privata, da certe sue contraddizioni interne. Egli ci dà sempre l’impressione di rompere definitivamente con quell’ambiente che ne ha imprigionato il talento e l’autonomia, ma poi non riesce a farlo. Questo producer televisivo “arrabbiato” dell’Italia degli anni Novanta, giustamente disgustato del cinismo, della viltà e del conformismo che lo circondano, è sostanzialmente privo del coraggio per rompere i legami che ad essa comunque lo uniscono. La sua aspirazione di lasciare il proprio paese per andare a vivere in una società più giusta e meno ipocrita resta cosÌ teorica e sempre frustrata. Alla fine egli accetterà il compromesso e la sconfitta. Giovanni Antonucci
Scheda autore
GIOVANNI ANTONUCCI è nato a Roma il 7/9/1941. Allievo di Giacomo Debenedetti e di Giovanni Macchia, con i quali si è laureato all’Università di Roma “La Sapienza” (1965), è stato docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo alla Facoltà di Magistero di Roma. La sua attività scientifica, svolta anche all’ estero (Francia, Portogallo, Norvegia), è stata assai vasta. E’ autore, fra l’altro dei seguenti volumi: Lo spettacolo futurista in Italia (1974) e Cronache del teatro Futurista (1975), per i quali ha ricevuto nel 1975 il Premio “Silvio D’Amico”, La regia teatrale in Italia (1978), Eduardo De Filippo (1980, 4a edizione 1990), Storia del Teatro italiano del Novecento (1986, 2a edizione 1988, Premio della Presidenza del Consiglio e Premio Benevento), Storia della critica teatrale (1990), Storia del teatro italiano (1995). Ha curato, fra l’altro, Tutto il teatro di Salvatore Di Giacomo (1991), I capolavori di Carlo Goldoni (5 volI., 1992), Il teatro e Facezie, Autobiografie e memorie di Ettore Petrolini (2 voll., 1993), Tutto il teatro di Henrik Ibsen (4 voll., 1993), Tutto il teatro di Honorè de Balzac (1994), Tutta la poesia, Tutta la narrativa, Tutto il teatro di Gabriele D’Annunzio (11 volI., 1995), questi ultimi in collaborazione con Gianni Oliva. Critico militante di quotidiani e riviste specializzate (“Il Tempo”, “Sipario”, “ll Dramma”, “Hystrio”) è stato direttore della collana di saggi “L’evento teatrale”. Collaboratore dell’Enciclopedia Treccani (Enciclopedia dantesca, Dizionario Enciclopedico Italiano, Enciclopedia Virgiliana, Enciclopedia Italiana), è attuatmente responsabile delle voci teatrali della Piccola Treccani. E’ vicesegretario del Sindacato Autori Drammatici.