2004 - 1
gennaio | marzo

La numero 13

Numero personaggi: 0
di Pia Fontana

Personaggi

Autopresentazione

SCHIZOFRENIA D’ARTISTA L’idea per questo monologo mi é venuta a Milano, dove di tanto in tanto capito per lavoro e dove di tanto in tanto – piuttosto raramente- trovo nella giornata un “buco” di un paio d’ore. Era autunno, una bella, fredda giornata di sole, ne ho approfittato per una visita al Monumentale. Non sono particolarmente interessata ai cimiteri, ma sapevo – come molti sanno – che fra le tante belle e brutte sculture del Monumentale ce n’é una particolarmente affascinante, una figura alata in ceramica policroma realizzata da Lucio Fontana. Nelle indicazioni poste all’ingresso del cimitero, la tomba con la scultura in questione é contrassegnata come la numero 13. L’ho riconosciuta facilmente facendomi strada fra l’assieparsi delle retoriche statue cimiteriali: una forma presa nel vento, una Nike senza testa, senza braccia, eppure aerea, leggere, volante, il colore in continui trapassi tra l’azzurro e l’oro. Mi sono seduta sulla panchetta antistante e là, sotto il giallo dei tigli autinnali, mentre tutto intorno si spandeva l’aura magica che alona le creazioni dell’arte, nella mia testa – ostinatamente testa di scrittrice – si è formata a poco a poco l’idea di questo monologo, che inevitabilmente mette a confronto due cose: l’arte e la morte. Dell’arte si dice che è immortale e dunque i due concetti tendono a elidersi, oppure convivono, come nella protagonista, in una dolorosa scissione schizofrenica. Del resto ogni artista è costitutivamente orientato alla schizofrenia, costretto a far convivere in sé l’individuo – transuente, vulnerabile – che di fatto é, e al contempo l’artefice di forma immortali. Ma cosa succede se un fatto particolarmente traumatico viene a spezzare questo fragile equilibrio? E’ la domanda che mi sono posta quel giorno, mentre seduta sulla panchetta davanti alla numero 13 osservavo l’immortale bellezza della scultura sovrastante povere spoglie mortali. Intanto le foglie gialle dei tigli – caduche come l’uomo – scendevano a terra infittendosi a ogni colpo di vento. La risposta, o almeno una delle risposte possibili, é in questo monologo dove la protagonista, donna dilaniata da un lutto immendicabile, si dibatte nel dramma di un conflitto irrisolto, in un crescendo di tensione drammatica fino alla sorprendente rivelazione finale. Pia Fontana

Scheda autore

PIA FONTANA, narratrice e drammaturga, vive e lavora a Venezia. Nel 1987 vince il Premio Calvino con i racconti Sera e mattina. Nello stesso anno la sua opera prima Spokane viene pubblicata da Marsilio. Sempre con Marsilio pubblica Il corpo degli angeli (1991), Bersagli (1993), Le ali di legno (1994), Andante spianato (1997). Con la casa editrice Piemme pubblica Il pesce asrabo (1999). Ha scritto una nuova serie di racconti con il titolo Con panna o senza. Per il teatro ha scritto il monologo Il grido, rappresentato a Firenze; Devozione , presentato in lettura scenica al Teatro La Pergola di Firenza nel 1998; Bambole, pubblicato da Outis-Centro Nazionale di Drammaturgia Contemporanea, e rappresentato a Milano con la regia di Roberto Valerio, produzione di Teatridithalia (2001). Ha scritto inolte L’errore di Lacan; Loden e libertà; La casa Nuova; Luna carminia; La numero tredici, con Cristina Crippa, regia di Elio De Capitani; Da qua si gode un’ottima vista; Il compleanno dell’imperatore; Candido celeste, scritto per il festival di Sabbioneta 2002; Se son rose… scritto per lo spettacolo Il viaggio, regia di Walter Manfré. Nel settembre 2003 partecipa al festival Tramedautore, prodotto da Outis, con Una scimmia chiamata uomo, diretto da Walter Manfré. Nell’ottobre dello stesso anno, in qualità di autrice, prende parte al progetto scenico Trame da camera, diretto da Manfré, presso il museo Bagatti Valsecchi di Milano. I suoi testi sono traditti in francese, tedesco, inglese. Recentemente é stato pubblicato presso Mondadori il suo ultimo romanzo, Nessun Dio a separarce.

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