AUTOPRESENTAZIONE
L’iper-estensione dei punti di vista, affrontare il futuro senza semplificare il presente
Unità di tempo, unità di luogo, cinque attori che agiscono dall’inizio alla fine all’interno di una situazione, interpretando dei personaggi, senza momenti meta-teatrali, slittamenti temporali o cortocircuiti formali. Scrivere un testo con questi presupposti può sembrare un ritorno al passato, ma per me rientra in un approccio radicale alla ricerca drammaturgica che, con uno sguardo retrospettivo a questi dieci anni di scrittura per il teatro, credo sia sempre stato un punto di partenza del mio lavoro.
Ho scritto testi molto diversi fra loro dal punto di vista strutturale, ma accomunati dal tentativo di mettere ogni volta in discussione quello che Richard Rorty chiama «vocabolario decisivo», cioè le parole, i concetti e le idee che ogni essere umano utilizza per definire se stesso e la propria visione del mondo. Ho sempre cercato di affrontare queste visioni del mondo senza nessun pregiudizio morale, per poi spingerle alle loro più estreme conseguenze, non de-costruendole col tipico approccio post-moderno, ma piuttosto iper-estendendole, fino al punto di rottura, o al paradosso.
Anche nel caso di questo testo è stato così. Quando ho iniziato a lavorarci, a gennaio 2020, ero appena diventato padre e mi stavo interrogando sul desiderio assurdo di generare altri esseri umani in un mondo che probabilmente non arriverà al 2050. Volevo scriverne attraverso personaggi che viaggiavano per il mondo, ma poi è arrivato il lockdown, io sono rimasto bloccato in casa e anche i personaggi, in un certo senso, sono finiti lì, nell’androne di un palazzo, durante una pandemia. Non volevo scrivere una cronaca del Covid – e infatti nel testo il virus è un altro – ma ho deciso di nutrirmi di ciò che stavo vivendo, prendendola come una sfida: partire dai litigi “da bar” o “da social network” – che tutti abbiamo dovuto affrontare, subire o alimentare – per raccontare cinque esseri umani nel periodo di passaggio all’età adulta, scavando dentro di loro senza pietà per trovare l’ultima cosa a cui si aggrappano quando tutto sembra franargli sotto ai piedi.
Con gli attori – che hanno condiviso parte del processo creativo – abbiamo lavorato sul senso e la necessità di ogni passaggio, divertendoci molto nel trovare anche numerosi spunti di commedia, ma dandoci l’obiettivo di essere rigorosinel viaggio verticale all’interno della visione del mondo dei personaggi. In un contesto comunicativo dominato da immagini accattivanti e contenuti brevi che si affastellano l’uno sull’altro per attirare la nostra attenzione, non è certo lo stimolo sensoriale che manca, ma la precisione del pensiero. Costantemente sabotata da algoritmi che ci propongono contenuti sempre più in linea con le nostre posizioni, rafforzando i nostri giudizi e impoverendo la nostra dialettica interiore. La ricerca teatrale a cui mi riferisco, invece, si dirige proprio nella direzione opposta: affrontare percorsi profondi in modo diretto, attraverso una serie di snodi semplici che progressivamente ne restituiscano la complessità in modo coinvolgente, con l’obiettivo però di arrivare, attraverso l’iper-estensione, a mettere in crisi il proprio punto di vista – e quindi quello dello spettatore. Emanuele Aldrovandi
La Locandina
L’ESTINZIONE DELLA RAZZA UMANA, testo e regia di Emanuele Aldrovandi. Scene di Francesco Fassone. Costumi di Costanza Maramotti. Maschera di Alessandra Faienza. Luci di Luca Serafini. Consulenza progetto sonoro di GUP Alcaro. Musiche di Riccardo Tesorini. Con Giusto Cucchiarini, Eleonora Giovanardi, Luca Mammoli, Silvia Valsesia, Riccardo Vicardi. Prod. Associazione Teatrale Autori Vivi, Reggio Emilia – Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale, in collaborazione con La Corte Ospitale Centro di Residenza Emilia-Romagna, Rubiera (Re).
Lo spettacolo ha debuttato dal 17 al 29 maggio 2022 (Teatro Gobetti, Torino, recensione a pagina 66). Le successive repliche previste sono: 10 agosto 2022 (Teatro Capovolto, Trento); 10 ottobre 2022 (Teatro Filodrammatici, Piacenza); 14-16 ottobre 2022 (Spazio Rossellini, Roma); 16-17 dicembre 2022 (Teatro Asioli, Correggio); 20 dicembre 2022 (Teatro Foce, Lugano) e 11-16 aprile 2023 Bologna (Teatro delle Moline).
EMANUELE ALDROVANDI (Reggio Emilia, 1985), dopo la laurea in Filosofia, ha studiato alla Civica Scuola Paolo Grassi di Milano e ha iniziato subito a lavorare come autore, scrivendo vari testi fra cui Homicide House (Premio Riccione-Tondelli), Farfalle (Premio Hystrio e Mario Fratti Award), Felicità (Premio Pirandello), Il Generale (Premio Fersen), Scusate se non siamo morti in mare (Finalista Premio Scenario e Premio Riccione), Allarmi! (Finalista Premio Testori), Isabel Green e La donna più grassa del mondo, rappresentati in numerosi teatri italiani e tradotti, pubblicati e messi in scena in inglese, tedesco, francese, spagnolo, polacco, sloveno, ceco, rumeno, catalano e arabo. Si è occupato anche di traduzioni (Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte e Il seme della violenza per l’Elfo Puccini), adattamenti (Il mago di Oz e Molto rumore per nulla per lo Stabile di Torino, L’isola del tesoro e Jekyll e Hyde per MaMiMò, Tamburi nella notte per il Teatro Filodrammatici di Milano, La bottega del caffè per il Lac di Lugano, La peste per lo Stabile del Veneto e Otello per l’Opera di Pechino), installazioni museali e progetti site-specific. Insegna scrittura alla Paolo Grassi, è fondatore e direttore artistico dell’Associazione Teatrale Autori Vivi e attualmente collabora come autore e regista con il Teatro Stabile di Torino ed Ert. Per il cinema ha scritto e diretto vari cortometraggi, fra cui Un tipico nome da bambino povero e Bataclan (Premio speciale Rai Cinema e Nastro d’Argento 2021 come miglior corto italiano), sta lavorando al suo primo lungometraggio.